La Sacra Sindone

La Sindone di Torino, nota anche come Sacra Sindone, è un lenzuolo funerario di lino conservato nel Duomo di Torino, sul quale è visibile l'immagine di un uomo che porta segni di maltrattamenti e torture compatibili con quelli descritti nella Passione di Gesù. La tradizione identifica l'uomo con Gesù e il lenzuolo con quello usato per avvolgerne il corpo nel sepolcro. La sua autenticità è oggetto di fortissime controversie.Il termine "sindone" deriva dal greco σινδών (sindon), che indica un tessuto di lino di buona qualità o tessuto d'India. Il termine è ormai diventato sinonimo del lenzuolo funebre di Gesù.Le esposizioni pubbliche della Sindone sono chiamate ostensioni (dal latino ostendere, "mostrare"). Le ultime sono state nel 1978, 1998, 2000 e 2010: quest'ultima è iniziata il 10 aprile, e si è conclusa il 23 maggio.

Tutti gli storici sono d'accordo nel ritenere documentata con sufficiente certezza la storia della Sindone a partire dalla metà del XIV secolo: risale infatti al 1353 la prima testimonianza storica[1]. La datazione radiometrica con la tecnica del Carbonio 14, eseguita nel 1988, ha datato la stoffa del lenzuolo in un intervallo di tempo compreso tra il 1260 e il 1390 d.C.[1]Sulla sua eventuale storia precedente non vi è invece accordo. I sostenitori dell'autenticità del telo non giudicano attendibile l'esame svolto nel 1988, ipotizzando inquinamento dei lacerti di tessuto prelevati per essere sottoposti a indagine. Ritengono quindi che la Sindone sia l'autentico lenzuolo funebre di Gesù e che risalga alla Palestina del I secolo; essi sostengono inoltre la «suggestiva ipotesi» secondo cui la Sindone di Torino sia da identificare con il mandylion o "Immagine di Edessa", un'immagine di Gesù molto venerata dai cristiani d'Oriente, scomparsa nel 1204 (questo spiegherebbe l'assenza di documenti che si riferiscano alla Sindone in tale periodo). In questo caso, occorre ipotizzare che il telo di Edessa, che è descritto come un fazzoletto, fosse esposto solo ripiegato più volte e in modo tale da mostrare unicamente l'immagine del volto

La Sindone nella città di Torino

La più antica testimonianza storica certa della Sindone di Torino risale agli anni cinquanta del XIV secolo, quando la Sindone, con modalità che rimangono ignote, comparve nelle mani del cavaliere Goffredo di Charny e di sua moglie Giovanna di Vergy.Il 20 giugno 1353 Goffredo donò la Sindone al capitolo dei canonici della collegiata di Lirey, che egli aveva fondato; la prima ostensione pubblica di tale telo avvenne, pare, nel 1357 (Goffredo era morto l'anno precedente), suscitando negli anni seguenti diversi dubbi sull'autenticità del telo. Nel 1415 Margherita di Charny, discendente di Goffredo, si riappropriò del lenzuolo (ne originò un lungo contenzioso con i canonici) e nel 1453 lo vendette o cedette ai duchi di Savoia.Questi la conservarono a Chambéry in Savoia, dove il 4 dicembre 1532 sopravvisse all'incendio della Sainte-Chapelle du Saint-Suaire, riportandone gravi danni in diversi punti, perforata in vari strati da una goccia d'argento fuso colata dal reliquiario. Nel 1578 venne portata a Torino, dove nel frattempo i Savoia avevano trasferito la loro capitale. L'occasione di tale trasferimento fu la richiesta da parte del vescovo di Milano, Carlo Borromeo, di venerare la reliquia per sciogliere un voto fatto in occasione della peste di Milano. Il trasferimento del telo doveva servire ad abbreviare il viaggio a piedi del Vescovo. Da allora vi rimase ininterrottamente fino al giorno d'oggi, salvo brevi intervalli. Nel 1898 venne fotografata per la prima volta dall'avv. Secondo Pia: in quell'occasione si scoprì che l'immagine impressa sul lenzuolo presentava le caratteristiche di un negativo fotografico.Umberto II di Savoia, ultimo re d'Italia, alla sua scomparsa (1983) la lasciò in eredità alla Santa Sede che ne delegò la custodia all'Arcivescovo di Torino.Nel 2009 la proprietà della Sindone è stata messa in discussione: secondo il professor Francesco Margiotta Broglio, studioso dei rapporti tra Stato e Chiesa, con l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana (1º gennaio 1948) la Sindone sarebbe diventata proprietà dello Stato italiano in base alla XIII disposizione, comma 3, e il legato testamentario di Umberto II sarebbe nullo. Tuttavia la Santa Sede avrebbe nel frattempo acquisito la proprietà della Sindone per usucapione in buona fede: sulla questione è stata presentata una interrogazione parlamentare ma non risulta ancora una risposta del governo

Il Lenzuolo della Sacra Sindone

La Sindone è un lenzuolo di lino di colore giallo ocra, avente forma rettangolare di dimensioni di circa 441 cm x 113 cm, spessore di circa 0,34 mm e massa di circa 2,450 kg[senza fonte]. In corrispondenza di uno dei lati lunghi, il telo risulta tagliato e ricucito per tutta la lunghezza a otto di centimetri dal margine.Il lenzuolo è tessuto a mano con trama a spina di pesce e con rapporto ordito-trama di 3:1.Il lenzuolo è cucito su un telo di supporto, pure di lino, delle stesse dimensioni: il supporto originale, applicato nel 1534, è stato sostituito nel 2002 con un telo simile più recente.Sono chiaramente visibili sulla Sindone i danni provocati da alcuni eventi storici. I più vistosi sono le bruciature causate da un incendio nel 1532, disposte simmetricamente ai lati dell'immagine in quanto il lenzuolo era conservato ripiegato a formare un plico di 32 strati e le bruciature hanno dimensioni decrescenti man mano che si scende negli strati sottostanti e ci si allontana dalla fonte di calore (il coperchio del reliquiario fu pressato da un oggetto incandescente). Si tratta di un vero e proprio cratere di forma approssimativamente triangolare che Aldo Guerreschi e Michele Salcito hanno ricostruito e presentato al Convegno di Parigi, nel 2002. Dal 1534 al 2002 i fori erano coperti da rappezzi, che sono stati poi rimossi contestualmente alla sostituzione del telo di supporto.

 

L'immagine della Sindone

Il lenzuolo riporta due immagini molto tenui che ritraggono un corpo umano nudo, a grandezza naturale, una di fronte (immagine frontale) e l'altra di schiena (immagine dorsale); sono allineate testa contro testa, separate da uno spazio che non reca tracce corporee. Sono di colore più scuro di quello del telo. Ognuna delle due immagini appare essere la proiezione verticale di una figura umana, e non quella che si otterrebbe stendendo un lenzuolo a contatto con il corpo umano (ad esempio il viso dovrebbe apparire molto più largo).L'immagine, come si scoprì nel 1898 quando la Sindone fu fotografata per la prima volta, è più comprensibile nel negativo fotografico. Il corpo raffigurato appare quello di un maschio adulto, con la barba e i capelli lunghi. L'immagine presenta numerose ferite: le più evidenti sono le ferite ai polsi e agli avampiedi e una larga ferita da taglio al costato. Inoltre le ferite sul capo corrispondono alla presenza di un casco di spine mentre, sul dorso, ferite da sfregamento sono compatibili con una grossa e rozza trave portata a spalle. Sono state inoltre rinvenute in corrispondenza dei piedi e del naso tracce di terra compatibili con una caduta dalla quale deriverebbe la rottura del setto nasale.[senza fonte] Il tutto corrisponde alla tradizionale iconografia di Gesù e al resoconto evangelico della crocifissione

Gesù di Nazaret nel mistero della Sindone

Nella sua raffigurazione tradizionale, Gesù è rappresentato con la barba e i capelli lunghi, come sulla Sindone. Alcuni studiosi suggeriscono che la Sindone fu in effetti il modello da cui questa raffigurazione fu ricavata (il che dimostrerebbe una sua origine molto anteriore al XIV secolo).I sostenitori dell'autenticità affermano l'esistenza di notevoli coincidenze, anche in alcuni particolari specifici, tra il volto sindonico e questo ritratto, che si afferma soprattutto a partire dal VI secolo, in concomitanza con la presunta riscoperta del Mandylion a Edessa. Essi fanno notare, inoltre, come le più antiche raffigurazioni del Mandylion mostrino un volto monocromo su tela simile a quello della Sindone.Anche alcune specifiche forme di rappresentazione, come l'imago pietatis (raffigurazione del Cristo morto che sporge dal sepolcro in posizione eretta fino alla vita, con le mani incrociate davanti, in uso dal XII secolo), e dettagli come la "curva bizantina" (la particolare posizione in cui veniva dipinto Gesù crocifisso), si possono spiegare in riferimento alla Sindone.Ovviamente, la somiglianza tra l'immagine presente sulla Sindone e l'iconografia precedente alle prime prove documentali dell'esistenza del telo potrebbe semplicemente essere dovuta alla sua realizzazione medievale, quando questa iconografia sarebbe stata perfettamente nota anche a chi avesse prodotto la reliquia, indipendentemente dai metodi impiegati.

 

Visita il sito ufficiale: www.sindone.org

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