San Paolo di Tarso Apostolo di Gesù Cristo

Paolo di Tarso
Paolo di Tarso

Paolo (o Saulo) di Tarso, noto come san Paolo per il culto tributatogli (Tarso, 5-10 – Roma, 64-67), è stato l'«apostolo dei Gentili», ovvero il principale (secondo gli Atti degli Apostoli non il primo) missionario del Vangelo di Gesù tra i pagani greci e romani. Secondo i testi biblici, Paolo era un ebreo ellenizzato che godeva della cittadinanza romana. Sebbene a lui coevo, non conobbe direttamente Gesù e, come tanti connazionali, avversava la neo-istituita Chiesa cristiana, arrivando a perseguitarla direttamente. Sempre secondo la narrazione biblica Paolo si convertì al cristianesimo mentre, recandosi da Gerusalemme a Damasco per organizzare la repressione dei cristiani della città, fu improvvisamente avvolto da una luce fortissima e udì la voce del Signore che gli diceva: "Paolo, Paolo, perché mi perseguiti?". Reso cieco da quella luce divina, Paolo vagò per tre giorni a Damasco, dove fu poi guarito dal capo della piccola comunità cristiana di quella città, Anania. L'episodio, noto come "Conversione di Paolo", diede l'inizio all'opera di evangelizzazione di Paolo.Come gli altri primi missionari cristiani, rivolse inizialmente la sua predicazione agli Ebrei, ma in seguito si dedicò prevalentemente ai «Gentili». I territori da lui toccati nella predicazione itinerante furono in principio l'Arabia (attuale Giordania), quindi soprattutto la Grecia e l'Asia minore (attuale Turchia). Il successo di questa predicazione lo spinse a scontrarsi con alcuni cristiani di origine ebraica, che volevano imporre ai pagani convertiti l'osservanza dell'intera legge religiosa ebraica, in primis la circoncisione. Paolo si oppose fortemente a questa richiesta e, con il suo carattere energico e appassionato, ne uscì vittorioso.Fu fatto imprigionare dagli Ebrei a Gerusalemme con l'accusa di turbare l'ordine pubblico. Appellatosi al giudizio dell'imperatore – come era suo diritto, in quanto cittadino romano –, Paolo fu condotto a Roma, dove fu costretto per alcuni anni agli arresti domiciliari, riuscendo però a continuare la sua predicazione. Morì vittima della persecuzione di Nerone, decapitato probabilmente tra il 64 e il 67.L'influenza storica di Paolo nell'elaborazione della teologia cristiana è stata enorme: mentre i vangeli si occupano prevalentemente di narrare le parole e le opere di Gesù, le lettere paoline definiscono i fondamenti dottrinali del valore salvifico della sua incarnazione, passione, morte e risurrezione – ripresi dai più eminenti pensatori cristiani dei due millenni successivi. Per questo motivo alcuni studiosi contemporanei lo considerano come il vero fondatore del Cristianesimo.

San Paolo nei libri storici

Papiri antichi lettere di san Paolo
Papiri antichi lettere di san Paolo

Non esistono riferimenti archeologici diretti (come epigrafi) o testimonianze di autori extra-cristiani che si riferiscano direttamente alla vita e all'operato di Paolo. Le fonti storiche sono sostanzialmente di quattro tipi.Gli Atti degli Apostoli, parte del Nuovo Testamento, tradizionalmente attribuiti a Luca, autore anche dell'omonimo vangelo. Sono stati composti in greco attorno agli anni 80, ovvero tra 20 e 50 anni dopo gli eventi in essi narrati. A Paolo è dedicata principalmente la seconda parte dello scritto (capitoli 9; 11; 13-28): è descritto il suo ministero itinerante, a partire dalla sua chiamata sulla "via di Damasco" (collocabile intorno ai primi anni 30) fino all'arrivo a Roma agli arresti domiciliari (intorno ai primi anni 60). In alcune sezioni (cosiddette sezioni noi), il racconto passa dalla terza alla prima persona (16,10-17; 20,5-15; 21,1-18; 27,1-28,16), lasciando ipotizzare che l'autore fosse compartecipe degli avvenimenti narrati.Le tredici lettere di Paolo, anch'esse raccolte nel Nuovo Testamento, sono scritte in greco. Si ritiene tradizionalmente che siano state redatte tra gli anni 50 e 60 – durante il ministero itinerante di Paolo e la successiva prigionia a Cesarea e/o Roma. In epoca contemporanea, con lo svilupparsi del metodo storico-critico, sono stati sollevati dubbi circa l'autenticità di alcune di queste lettere. Dal punto di vista storico, comunque, la discussione sull'effettiva autenticità delle lettere dubbie – che difficilmente potrà arrivare a risultati chiari e condivisi basandosi sui soli dati intrinseci dei testi – non lede il ritratto della vita e dell'operato di Paolo: le lettere di dubbia paternità non sono infatti in contrasto col messaggio teologico contenuto nelle lettere sicuramente autentiche. Solo gli ultimi anni della sua vita, attorno agli anni 60 e successivi all'arrivo a Roma descritto dagli Atti, possono essere ricostruiti in maniera differenziata ammettendone o meno l'autenticità, ipotizzando dopo Roma un nuovo viaggio missionario in Oriente (Grecia e/o Turchia) o in Spagna.Le fonti patristiche. Negli scritti di alcuni Padri della Chiesa, in particolare quelli di Clemente Romano, Girolamo ed Eusebio, sono contenute alcune sporadiche informazioni su Paolo, che tendenzialmente confermano i dati del Nuovo Testamento.Gli apocrifi riferiti a Paolo: Atti di Paolo, Atti di Paolo e Tecla, Atti di Pietro e Paolo, Lettera dei Corinzi a Paolo, Lettere di Paolo e Seneca, Terza lettera di Paolo ai Corinzi, Apocalisse di Paolo greca e Apocalisse di Paolo copta. Data la redazione tarda, come per tutti gli altri apocrifi del Nuovo Testamento, gli studiosi contemporanei considerano gli elementi narrativi di questi testi come elaborazioni leggendarie successive o come testi basati su scritti di epoca precedente.

La gioventù di Paolo di Tarso

Secondo At22,3 Paolo nacque a Tarso, in Cilicia (attuale Turchia del sud). Sofronio Eusebio Girolamo invece riferisce, verso la fine del IV secolo, che era originario di "Giscala di Giudea" (attuale Jish in arabo, Gush Halav in ebraico, nell'attuale Galilea) ed emigrò a Tarso con i parentes (genitori o nonni) quando la città fu conquistata dai Romani. Non è chiara la fonte ("favola") dalla quale attinge Girolamo. Il dettaglio della conquista romana della città è verosimilmente un anacronismo: vere e proprie operazioni militari romane in Giudea sono testimoniate sotto Gneo Pompeo Magno (63 a.C.) e soprattutto durante la prima guerra giudaica (66-74), che vide la cattura di Giscala nel 67 per resa all'allora generale Tito.Per questo gli studiosi contemporanei rigettano l'ipotesi della nascita a Giscala, sebbene rimanga possibile un'origine galilaica dei suoi antenati, probabilmente nonni, poi trasferitisi a Tarso.Nessun dato delle fonti storiche accenna direttamente alla data di nascita, sebbene alcuni sporadici e generici accenni siano presenti nel Nuovo Testamento. In At7,58, in occasione del martirio di Stefano avvenuto pochi anni dopo la morte di Gesù (circa prima metà degli anni 30), Saulo è detto giovane. In At9,1-2 l'incarico ufficiale ottenuto dal Sommo Sacerdote, di poco precedente alla conversione collocata attorno alla metà degli anni 30, suggerisce una certa maturità anagrafica. In Fm9, scritta nei primi anni 60, Paolo si definisce vecchio. È diffusa convinzione tra gli studiosi che la nascita vada collocata, verosimilmente ma non sicuramente, attorno al 5-10 d.C.Circa i primi anni della sua vita, in At22,3 e At26,4 Paolo si dice cresciuto a Gerusalemme, dove studiò alla scuola di Gamaliele. Non è chiaro quando si trasferì nella città santa da Tarso. La Mishnah (fine II secolo) stabilisce a 15 anni l'inizio dello studio del Talmud, ed è pertanto possibile che si sia trasferito all'inizio della giovinezza.

Paolo persecutore verso i seguaci di Gesù

Lapidazione del primo martirio cristiano Stefano Apostolo
Lapidazione del primo martirio cristiano Stefano Apostolo

In At7,58; 8,1 (ripreso da At22,20), alla sua prima comparsa nella narrazione biblica, Paolo viene descritto come presente e accondiscendente all'uccisione di Stefano (attorno al 35), il primo martire cristiano, sebbene non sia stato direttamente partecipe della sua lapidazione ma il semplice "custode dei mantelli" dei lapidatori. In seguito, prima dell'adesione al Cristianesimo, Paolo aveva ricoperto ruoli di particolare rilievo nelle alte sfere religiose ebraiche relativamente alla persecuzione dei cristiani. Il suo zelante operato è accennato direttamente in diversi passi di Atti e delle lettere (At8,3; 9,1-2; 26,9-11; Gal1,13-14; 1Cor15,9; Fl3,6; 1Tm1,13), mentre in altri passi sono riportate le eco indirette della sua persecuzione (At9,13; 9,21; 9,26; Gal1,23).Le modalità pratiche e il contesto di questa persecuzione paolina, probabilmente descritta con toni esagerati, non sono chiare. È possibile che la sua azione si sia limitata alla sola comunità di Gerusalemme e in seguito, quando la persecuzione portò alla dispersione dei credenti, cercò di rivolgersi anche ai profughi cristiani fuori dalla città, nella fattispecie quelli residenti a Damasco (At9,2). I riferimenti biblici indicano che questa persecuzione ebraica, all'interno della quale appunto operava Paolo, inizialmente non fu rivolta a tutti i cristiani indistintamente ma solo ai cosiddetti ellenisti, cioè i cristiani di cultura greca come Stefano e Filippo. Gli apostoli (e i giudeo-cristiani) invece sembrano rimanere indisturbati (At8,1; 8,14), salvati dalla loro appartenenza alla comunità giudaica e dalla adesione ai precetti religiosi della fede ebraica. Dalle fonti storiche non appare chiara l'effettiva portata di questa persecuzione ebraica: Giuseppe Flavio, principale e preziosa fonte extra-cristiana circa il medio-oriente del I secolo, non fa cenno di una sistematica persecuzione, e anche nel testo biblico le uccisioni dirette descritte sono solo quella di Stefano e dell'apostolo Giacomo "il Maggiore" (At12,1-2, attorno al 44), alle quali va aggiunta in seguito quella di Giacomo "il Giusto" (Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche 20,9, attorno al 62). È possibile che la persecuzione ebraica (e paolina) sia stata più una questione giuridico-religiosa, finalizzata alla scomunica e all'interdizione dei cristiani dal culto della sinagoga e del tempio, che un sistematico eccidio.L'accenno al voto circa la condanna capitale di At26,10 sembra suggerire una sua appartenenza al Gran Sinedrio di Gerusalemme, il consiglio religioso ebraico di 70 membri (71 col Sommo Sacerdote) al quale solo spettava il voto e la delibera (ma durante l'occupazione romana non l'esecuzione, vedi il caso di Gesù) delle condanne a morte per motivi religiosi, dal quale lo stesso Paolo sarà giudicato (At22,30-23,10). Questa appartenenza sinedrita farebbe di Paolo uno degli Ebrei più noti e rilevanti dell'ebraismo dell'epoca, ma viene solitamente esclusa dagli studiosi anche perché non direttamente affermata dai testi biblici e non usata nelle sue lettere quando in vari loci presenta le sue credenziali. In tal senso, il suo "voto" per la condanna a morte dei cristiani deve essere inteso come un semplice 

La conversione di Paolo di Tarso

radizionalmente l'adesione di Paolo al movimento cristiano viene indicata col termine "conversione".L'evento è descritto esplicitamente negli Atti degli Apostoli e accennato implicitamente in alcune lettere paoline. In At9,1-9 c'è la descrizione narrativa dell'accaduto, che è raccontato nuovamente dallo stesso Paolo con lievi variazioni sia al termine del tentativo di linciaggio a Gerusalemme (At22,6-11) che durante la comparizione a Cesarea davanti al governatore Porcio Festo e al re Marco Giulio Agrippa II (At26,12-18):« Saulo frattanto, sempre fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme uomini e donne, seguaci della dottrina di Cristo, che avesse trovati. E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all'improvviso lo avvolse una luce dal cielo e cadendo a terra udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». E la voce: «Io sono Gesù, che tu perseguiti! Orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce ma non vedendo nessuno. Saulo si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco, dove rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda. »   (Atti 9,1-9)
La tradizione artistica successiva ha immaginato la caduta a terra come una caduta da cavallo ma il particolare è assente da tutti e tre i resoconti, sebbene rimanga possibile e verosimile poiché l'evento si verificò durante il viaggio. Dopo questa folgorazione-rivelazione-chiamata (il testo non usa mai metànoia, "conversione") Paolo si recò a Damasco e ricevette il battesimo da un giudeo-cristiano di nome Anania, riacquistando la vista (At9,10-19; 22,12-16). Secondo il testo biblico fu tramite Anania che Gesù risorto comunicò a Paolo il mandato missionario ai gentili (At9,15) che caratterizzerà il suo ministero successivo.Gli accenni generici alla conversione contenuti in alcune lettere paoline non descrivono esplicitamente l'evento come in Atti ma si riferiscono genericamente a una maturazione ed evoluzione interiore di Paolo: Gal1,11-17; Fl3,3-17; 1Tm1,12-17; Rm7,7-25 (Rm è così generico che non è chiaro se si riferisca o meno alla propria vicenda personale). Anche in questi passi non è usato il termine "conversione" ma i generici chiamata, scelta, conquista-cattura.L'interpretazione storica dell'evento da parte degli studiosi contemporanei è diversificata: mentre gli studiosi cristiani ammettono -tendenzialmente- il valore storico della triplice narrazione di Atti, per gli studiosi non credenti il carattere soprannaturale e miracolistico di essa, che ha come protagonista Gesù risorto, li porta a negare valore storico alla descrizione, accettando comunque la conversione al cristianesimo come testimoniata anche dalle lettere. In questo caso la descrizione dell'evento non è altro che un prodotto narrativo di Luca.